Il baseball e il manager dei record. Comincia ufficialmente domenica la stagione del Milano Baseball ’46, che dopo aver sfiorato la promozione in Serie A l’anno scorso perdendo la finale contro Reggio Emilia, quest’anno punta al bottino pieno: «Quest’anno dovremo fare meglio dell’ultima stagione. E se un anno fa abbiamo perso la finale, è ovvio cosa intendo per fare meglio…». Non usa mezzi termini coach Marco Fraschetti, che dopodomani diventerà il terzo manager della storia del Milano per numero di campionati, affiancando il suo vecchio allenatore Carlo Passarotto a sette stagioni alla guida dei rossoblù.

Coach Fraschetti, una stagione partita sotto i migliori auspici, con un precampionato senza sconfitte

«Sì, posso dire che abbiamo fatto bene. Anche se non dobbiamo accontentarci, sappiamo che possiamo fare ancora meglio. Però ho visto i ragazzi tutti sul pezzo, sono consapevoli delle nostre possibilità. Ed è quello che gli ho chiesto fin dal primo allenamento».

Che cosa è cambiato rispetto all’anno scorso?

«Voglio pensare che sia cambiato tanto sotto tutti gli aspetti. Anche perché non possiamo più nasconderci. Per la storia del club e per il lavoro che abbiamo fatto, proprio mirato a questo traguardo».

Fare meglio vuol dire anche vincere il girone, evitando accoppiamenti più penalizzanti nei playoff, come è successo lo scorso anno…

«Certo, partiamo per vincere il girone, ma non saremo certo gli unici ad avere questo obbiettivo. Dirò di più, partiamo per vincere ogni partita: nelle amichevoli ci siamo riusciti, adesso dobbiamo continuare con la stessa mentalità. L’ho detto ai ragazzi: dobbiamo uscire dal campo dicendo: abbiamo fatto il massimo per vincere».

Secondo lei chi sono gli altri che possono partire per vincere il girone?

«Se devo fare un nome, dico il Piacenza. Per i risultati degli ultimi anni, per l’esperienza maturata e per il fatto di essere una squadra rinforzata anche da qualche straniero. Però sarà un girone equilibrato, sicuramente il più difficile della serie B con squadre come il Fossano, l’Avigliana, lo Junior Parma, senza contare chi ha l’entusiasmo dei neopromossi».

Quest’anno avete puntato su due pitcher italiani di esperienza come Varalda e Zotti al posto di due stranieri come Garavito e Mergans. Che cosa cambia nell’assetto della squadra?

«Cambia tantissimo, perché Varalda e Zotti potranno lanciare in entrambe le partite. Ma soprattutto perché stanno portando nel gruppo esperienza e tranquillità. Sono stati gli unici due acquisti di quest’anno, ma possono dare tanto, perché garantiscono una solidità tecnica e quell’esperienza che forse un po’ ci mancava. Sono due lanciatori che hanno frequentato le serie superiori con una certa continuità. E Varalda può dare un contributo importante anche in attacco».

Se Varalda e Zotti sono i due partenti, non si rischia di sacrificare un po’ Pizzi che l’anno scorso ha fatto un grande campionato?

«No, assolutamente. Davide sa che può dare continuità alla sua grande stagione, anche perché ormai si gioca un baseball in cui è difficile vedere un pitcher che lancia 9 riprese. E se è importante avere dei partenti forti, lo è ancora di più avere dei rilievi all’altezza. E io ho piena fiducia in lui come in Polo e in Minari che hanno fatto grandi cose in precampionato. E poi durante la stagione le rotazioni possono cambiare…».

Dunque spazio per tutti.

«Sì, valuteremo bene anche Persico, che è giovane ma ha qualità. E Polo è in un momento di grande fiducia: sabato con il Settimo ha chiuso benissimo. Ci aspettiamo molto da tutti e ognuno sa quello che deve fare».

In attacco non hai un bomber, ma una squadra equilibrata.

«Sì, voglio una squadra che corra e che sia consistente. Per ottimizzare i momenti importanti della partita».

In complesso che squadra è?

«Sono contento di avere una squadra tutta italiana, a parte Torrellas che comunque è da noi da tantissimi anni. Penso che sia un vanto per me e per la società, anche perché all’80-85 per cento è una squadra fatta in casa. E di questo va dato merito al club e allo staff che hanno lavorato bene. Credo che questo sia un giusto motivo di orgoglio. Abbiamo uno zoccolo duro che è cresciuto insieme dalla serie C. Credo che il senso di appartenenza al club sia fondamentale e questo loro ce l’hanno».

Non puoi più dire, però, che sia una squadra giovane…

«Ma questo sono anni che non lo dico. Preferisco dire che è una squadra con più consapevolezza delle proprie potenzialità. E’ l’approccio diverso che ho chiesto fin da gennaio, proprio sapendo che il campionato sarà difficile. Daremo sicuramente il massimo e speriamo di essere trainanti per tutto il resto della società, per il settore giovanile che deve giustamente vederci come punto d’arrivo».